La Stanza dei Sogni

  Il Manifesto
  Maestro di Botteg@
  Stanza dei Sogni

 

a cura di Giacomo Bucci ed Enrico Ratti
articolo pubblicato in prima pagina sulla Cronaca di Mantova il 17 dicembre 2004

L'infinito attuale
 

L'idea che avanzavamo nell'articolo dedicato alla teoria dei giochi, pubblicato da questo giornale il 3 dicembre scorso, era relativa alla constatazione che il teorema dell'equilibrio di Nash, oltre a mettere in discussione l'economia della guerra fredda, sia anche alla base della nascita dell'Unione Europea e, quindi, della sua moneta e della sua economia. Un'economia fondata sul principio della pace e dell'appagamento, da cui, nella serie di articoli dedicati a questo argomento, abbiamo fatto procedere sia la solidarietà come dispositivo di cooperazione, sia il patto di lealtà come dispositivo di equilibrio e, quindi, di riuscita. Abbiamo, inoltre, avanzato l'ipotesi che entrambi i dispositivi siano intersecati da quell'infinito attuale che, come idea del tempo non cronologico, caratterizza il fare in atto, ma anche le istituzioni della UE. Occorre però precisare che, per noi, dire dispositivo è come dire ritmo (dispositio è il termine latino per il greco rythmos) e il ritmo, ovvero l'aritmetica, è il modo originario con cui le cose si ordinano, si dicono, si fanno e giungono a qualificarsi e a vendersi a partire dall'idea di innumerazione. Solo con l'ausilio dell'aritmetica possiamo, quindi, giungere a dare un'accezione di tempo non quantificabile; un tempo, cioè, che non corrisponde più al concetto di durata, di linea, di progresso e di regresso e che non partecipa ai concetti di corruzione e di consumazione (concetti tipici dell'economia della guerra fredda), ma anzi instaura l'altro tempo, ovvero l'infinito attuale, il tempo in atto, il tempo come gerundio, il tempo facendo. Ecco perché siamo giunti a contrassegnare l'economia dell'appagamento e della pace con i dispositivi di cooperazione e di equilibrio che sono gli unici modelli che ci permettono di elaborare un nuovo concetto di mercato ma, soprattutto, di pubblico: il pubblico originario della cosa europea. Una res pubblica che come indice della città planetaria, del libero mercato e dell'invenzione industriale ha contribuito a dissipare i concetti di etnia e di impero. Infatti la UE, come insieme di network politici e come dispositivo di accoglienza aperto e tollerante, è strutturata non da un territorio ma da un ciberspazio culturale e commerciale su cui è assolutamente impossibile installare tutti quei sistemi morfologici che hanno caratterizzato le filiazioni sociali, politiche, economiche e finanziarie in voga all'epoca della guerra fredda. In questo nuovo contesto, in cui a prevalere non è la competitività e il consumismo, ma la qualità della vita, lo sviluppo sostenibile e la cooperazione, man mano si sta dissolvendo anche il concetto di consumatore: un concetto basato sull'idea della fine del tempo e delle cose e, quindi, sul principio della consumazione. Questa idea di consumo, infatti, si stabilisce solo se il tempo viene ritenuto misurabile, se scorre e se passa, cioè. Ma che cosa intendiamo quando, invece, affermiamo che l'infinito attuale è nel fare, o quando diciamo che donare il superfluo è redigere programmi dell'avvenire?
In breve: già Lucrezio aveva capito che l'infinito è una proprietà del fare e che, di conseguenza, nulla è precluso. Lucrezio però afferma quello che già prima di lui Parmenide aveva enunciato: nulla si crea e nulla si distrugge. Questo per dire che contare e fare non rientrano nel dominio del calcolo delle probabilità, perché sono cose improbabili e dunque non rientrano in un approccio del mondo e dell'universo trattati come un tutto, ma rientrano in quell'innumerazione (la logica del tempo) prediletta da Pitagora. Euclide, dal canto suo, si è subito affrettato a richiudere questa breccia aperta sull'infinito cercando di dare una descrizione completa dell'universo. Un universo che Euclide trattava come un tutto perfettamente misurabile, quasi che il tempo fosse confinato in uno spazio chiuso. Poi, ciascuno a suo modo, Giordano Bruno, Tommaso Campanella e Galileo Galilei, che con la sua pietruzza voleva misurare addirittura il cielo, introducono di nuovo il concetto di infinito. Ma è solo con Georg Cantor che le teorie matematiche vengono sconvolte, nell'ultimo scorcio del diciannovesimo secolo, dall'introduzione dell'infinito attuale: un'idea che staccava il tempo dall'essere e dunque introduceva il concetto che la serie fosse interminabile. Con Einstein, poi, il tempo, per dir così, ritorna sul variabile. Anzi ritorna ciclico, ossia chiuso, proprio come gli alti e bassi che governano, ancora oggi, ciò che rimane dell'economia della guerra fredda. Quello che occorre allora chiedersi è questo: quale futuro può avere nell'epoca dell'intelligenza artificiale, della telematica e del ciberspazio la teoria della relatività costretta nello spazio comprensivo di un tempo immaginato chiuso in se stesso? E perché Einstein ha riproposto il canone dello spazio rinunciando alla sicurezza del tempo? E ancora: per quale ragione un fisico insisteva tanto a basarsi sullo spazio, se lo spazio che si poteva effettivamente misurare era ancora quello della geometria greca, quello di un orticello, quello di una capanna? Una cosa è certa: con Einstein, ancora una volta il cosmo diventa una cosa perfettamente misurabile. Egli cancellando Parmenide cercava anche di esorcizzare il fantasma di un tempo che tutto crea e tutto inghiotte, che tutto consuma e che tutto rende insicuro.
Se con Cantor la matematica viene trasformata in una cosa astratta, un semplice gioco dello spirito svincolato dall'empirismo e dall'assillo della misurazione, il problema allora non è più quello della misurabilità di uno spazio a tre dimensioni, ma quello di introdurre una logica delle funzioni, dove la funzione è proprio quello che sfugge alla facoltà, o alla padronanza. In questo contesto noi avanziamo l'idea che tra la funzione di zero e la funzione di uno ci sia un punto temporale che chiamiamo funzione vuota, una funzione grazie a cui la serie risulta interminabile. Se come abbiamo detto non c'è più consumatore, perché il tempo non passa e non scorre, può succedere però che dopo tante ore di tv, la famiglia media italiana, più che consumatrice è consumata, anzi è consunta. Per cercare di dare un contributo alla soluzione di questo annoso problema, proprio a partire dalla serie, in un nostro prossimo intervento spiegheremo come dalla teoria della spirale procedano sia la serie, appunto, ma anche il superfluo: le due costanti dell'economia della pace e dell'appagamento.