La Stanza dei Sogni

  Il Manifesto
  Maestro di Botteg@
  Stanza dei Sogni

 

a cura di Giacomo Bucci ed Enrico Ratti
articolo pubblicato in prima pagina sulla Cronaca di Mantova il 16 luglio 2004

L'equilibrio e la serenità
  Nel contesto di questa rubrica che si va sempre più qualificando come lo specchio di una città che aspira a divenire una delle protagoniste artistiche, culturali, finanziarie e industriali dell’Europa del terzo millennio, oggi ospitiamo l’intervento di Elisa Bucci. Elisa, studentessa 22enne iscritta al terzo anno di Psicologia all’Università Statale di Milano, ci racconta come procedendo da un equilibrio originario che trae spunto dalla sua famiglia, sia riuscita ad intraprendere quell’itinerario di qualità che è la condizione della sua libertà intellettuale, del suo stile singolare e dei suoi diritti, che sono la base della sua serenità.
“Per quanto riguarda il mio itinerario di vita ritengo, anzitutto, di dover ringraziare la mia famiglia per avermi insegnato cosa vuol dire equilibrio. Questa istanza di qualità l’ho potuta apprezzare grazie a due elementi: il primo risiede nel fatto che i miei genitori non mi hanno mai fatto mancare la loro solidarietà affettiva e intellettuale; il secondo, invece, riguarda la felicità che per me è connessa al mio divenire donna libera e indipendente. E questa libertà io non l’ho acquisita scontrandomi con i miei genitori ma traendo profitto dall’equilibrio che, incessantemente, mi veniva trasmesso dai loro gesti. E dai loro ragionamenti. Ebbene, grazie al loro esempio io oggi posso considerare il mio progetto di vita in modo assolutamente inedito e agli antipodi di tanti altri progetti formulati dai miei coetanei che, per adeguarsi alle aspirazioni delle loro famiglie, sono costretti a rinunciare a parte della loro libertà. Insomma, la mia indipendenza io l’ho acquisita grazie al fatto che i miei genitori non mi hanno mai considerata una loro proprietà, ma un individuo responsabile e in grado di costruirsi un itinerario di crescita spirituale e professionale assolutamente inedito e non conforme alle loro aspirazioni, in verità più che legittime. E così nella mia famiglia mi sono sempre sentita come un uccello che, all’occorrenza, fa ritorno al suo nido per ricevere tutto quel nutrimento spirituale e materiale che gli permette di proseguire il suo volo libero.
Dopo questa premessa, c’è da dire che fin dal Liceo linguistico io sognavo di andarmene da Mantova che consideravo una città chiusa e provinciale. Oggi, invece, vivo tra Mantova e Milano e questo andare e venire tra due stili di vita cosi diversi tra loro, mi ha fatto considerare Mantova come un vero e proprio paradiso. Qui, infatti, mi sento sicura perché capisco che mai nessuno potrà veramente mettermi in pericolo. La sicurezza, in definitiva, è il bene supremo che i mantovani vogliono difendere a tutti i costi, perché la sicurezza porta serenità e la serenità, la libertà e il diritto dell’altro. In altre parole: Mantova mi attrae più di Milano perché il solo fatto che i genitori mandino i bambini a scuola da soli ti dà serenità, che è anche libertà di poterti fidare degli altri. Io, dunque, mi auguro di poter proseguire la mia vita qui a Mantova, ma mi preoccupa il suo avvenire. Questa città, infatti, si sta spegnendo sia commercialmente che culturalmente anche se, a onor del vero, c’è da rilevare un fatto nuovo: la globalizzazione sta portando nel cuore di Mantova moltissimi immigrati che stanno vivacizzando, con le loro imprese e i loro negozi, la nostra collettività. Naturalmente a me fa piacere veder crescere e prosperare una città multietnica, però mi chiedo se anche qui ci sia la volontà di inaugurare al più presto una politica dell’immigrazione com’è avvenuto, per esempio, a Milano, dove gli immigrati costituiscono una parte importante della società. Quello che voglio dire è che le imprese cinesi o i negozi africani e indiani ci avvertono che anche per Mantova l’ora del risveglio è arrivata, e che non serve mummificare il centro storico per cercare di difendere la propria identità. Ecco, quello che mi preoccupa è che i mantovani, per salvaguardare la loro cultura, evitino di confrontarsi con i problemi correlati all’integrazione che, a mio avviso, sarà il tema su cui si costituirà la nostra futura identità. Infatti, dialogare con altre culture è una necessità storica che se non viene affrontata subito, per esempio aprendo un Istituto per l’immigrazione, porterà guai seri alle nuove generazioni.
E così, presa tra una famiglia che con i suoi doni spirituali mi ha resa una donna libera e indipendente e una società in continua evoluzione, io, in conclusione, mi sento di formulare questo sogno: vorrei che Mantova diventasse una città aperta e accogliente contrassegnata dal diritto dell’altro e dal rispetto dell’individuo che, fin da bambino, deve venir educato a pensare con la propria testa e ad autodeterminarsi. A prendersi, cioè, la responsabilità del proprio percorso di vita e di riuscita.