La Stanza dei Sogni

  Il Manifesto
  Maestro di Botteg@
  Stanza dei Sogni

 

a cura di Giacomo Bucci ed Enrico Ratti
articolo pubblicato in prima pagina sulla Cronaca di Mantova il 14 maggio 2004

Un nuovo ruolo per Palazzo Ducale
 

Oggi con l’intervento di Roberto Sarzi prosegue l’elaborazione di quello che nel nostro Manifesto abbiamo chiamato il Nuovo Rinascimento Mantovano.
Roberto Sarzi nasce a Bergamo nel 1947 da padre mantovano di antichissima origine sabbionetana e da madre bergamasca. Fin da bambino si abitua a muoversi tra due realtà diverse: quella bergamasca e quella mantovana mantenuta viva dai racconti del padre legati alla sua visione un po’ mitica e bucolica della vita nelle campagne mantovane nei primi decenni del secolo scorso. Quando la famiglia si trasferisce nuovamente a Mantova si diploma ragioniere nel 1967 e prosegue quindi gli studi all’università di Verona dove si laurea nel 1972 in lingue e letterarure straniere con specializzazione in germanistica, dopo il servizio militare nella Tridentina a Bressanone inizia l’insegnamento come professore di ruolo nelle scuole superiori attività che si conclude nel 1987 quando parte per Zagabria dove lavora per dieci anni fino alla fine del 1997 come addetto e direttore dell’Istituto Italiano di Cultura alle dipendenze del Ministero degli Esteri. Nella capitale croata vive un’intensa stagione caratterizzata dall’impegno nella promozione in tutti i campi della lingua e della cultura italiana con particolare riferimento alla musica, al teatro e alle arti visive. Sempre attento a far conoscere anche Mantova e la sua civiltà antica e moderna porta a Zagabria tutta una serie di artisti mantovani: Lazzarini, Margonari, Nordera, Bernardelli, Jori e le opere di Enzo Nenci che riscuotono l’ammirazione dell’ambiente culturale croato. Dal ’91 al ’95 vive l’esperienza drammatica della guerra croato-serba e dalla fine del ’91 partecipa attivamente all’attività del locale Lions Club. Nel 1997, a Roma, è nominato direttore degli Istituti di cultura presso il Ministero degli Esteri. Roberto Sarzi parla correntemente sei lingue ed è una delle più stimate guide turistiche di Mantova.
“Nel 1973, senza mai abbandonare il mio interesse per l’arte e la cultura, inizio la carriera di insegnante di lingue con grande entusiasmo perché, fin da allora, mi prefiggevo l’obiettivo di trasferire sapere e conoscenza nella mente dei miei allievi. Ma per fare questo mi resi subito conto che era urgentissimo rivoluzionare il concetto di insegnamento. Questa consapevolezza era legata al fatto che noi insegnanti di lingue ci ponevamo il problema etico di migliorare il sistema di insegnamento per arrivare, fin da subito, ad ottenere risultati concreti con gli studenti. Purtroppo i nostri colleghi fecero di tutto per ostacolarci, perché non ne volevano sapere nulla di innovazione e di nuovi esperimenti didattici. Questa sorta di resistenza all’innovazione e alla novità, com’è noto, deriva dal fatto che il peso della logica burocratica, a Mantova, come in tutto il resto del Paese, era e continua a rimanere enorme. Infatti il cittadino, ancora oggi, è ostaggio della macchina burocratica statale. Ebbene io ho sempre lottato affinché la burocrazia si rapporti verso il cittadino con maggior spirito di servizio. In altre parole: per me la burocrazia deve essere la base e la condizione di un nuovo modo di intendere il servizio istituzionale. E’ questo che anzitutto manca a Mantova. Qui da noi, infatti, abbiamo una realtà caratterizzata da una solida economia rurale, mentre il settore turistico e culturale è molto trascurato. Cosa che, invece, grazie ad una costante e attenta comunicazione istituzionale, avviene per la gastronomia. Insomma, la valorizzazione e la diffusione planetaria dei prodotti più tipici della nostra terra non è stata seguita da un altrettanto solido sviluppo e promozione della cultura e dell’arte mantovana di tutti i tempi. La Celeste Galeria ha segnato l’apice di questa non omogeneità in materia di organizzazione turistica e culturale. E questo è successo perché tra i vari enti è mancata, innanzitutto, sia la comunicazione che la diplomazia. E così si è scelto di allestire questa mostra-business nelle Fruttiere di Palazzo Te, invece di allestirla a Palazzo Ducale: un luogo che avrebbe dato all’esposizione un maggior risalto intellettuale e filologico. Inoltre a Palazzo Ducale gli spazi sarebbero stati più ampi, le lamentele avrebbero lasciato il posto alla suggestione e all’ammirazione e, tutto sommato, ci sarebbe stato meno stress. Questo è potuto succedere perché non c’è stata intesa tra Comune e Sovrintendenza. Ma, per illustrare con maggior incisività i ritardi e i danni causati dalla burocrazia, prendiamo come esempio Sabbioneta. In una realtà così piccola ci sono: il Palazzo Giardino, il Teatro all’Antica e il Palazzo Ducale che sono gestiti dal comune; la Sinagoga gestita dalla Proloco e l’Incoronata e il Museo parrocchiale gestiti dal parroco. Ebbene, un turista per visitare tutti questi ambienti deve acquistare tre biglietti, dico tre biglietti! E questo succede perché ciascuna istituzione vuole gestire in proprio il piccolo spazio di potere burocratico che ha. A mio avviso questa logica è rovinosa. Allora il mio sogno è quello di avere a Mantova un Palazzo Ducale che funzioni come i Musei Vaticani, dove uno entra al mattino ed esce alla sera. Se non incominciamo ad investire su Palazzo Ducale che è il cuore dei musei mantovani, è impossibile rivitalizzare, per esempio, Palazzo D’Arco, San Sebastiano o il Museo Diocesano. Insomma, Palazzo Ducale deve ambire a diventare l’apice di un’offerta culturale unitaria che va dai grandi musei cittadini, alle dimore più belle della città, ai negozi, alla gastronomia e alla natura. Attualmente la burocrazia, così com’è congegnata a Mantova, impedisce la realizzazione di questo sogno, perché qui da noi quello che manca è l’omogeneità e il coordinamento organizzativo tra i vari enti. Eppure, per risolvere questo problema, basterebbe dotarsi di una struttura fissa tecnico-culturale, sempre pronta ad accogliere nuove proposte e nuovi contributi di idee. Purtroppo i professionisti della politica mantovana non hanno progetti d’insieme per la promozione della città: essi cercano soltanto di mantenere le loro posizioni di potere. Ebbene, io, allora, auguro a questa città di saper mantenere le proprie caratteristiche, contraddistinte da una profonda umanità che ha le sue radici in 2.500 anni di storia, anche e malgrado i forti cambiamenti che la società industriale impone, perché oggi si può vivere bene, tra arte e natura, riuscendo a far convivere tra loro l’antico e il moderno in modo armonioso.