La Stanza dei Sogni

  Il Manifesto
  Maestro di Botteg@
  Stanza dei Sogni

 

a cura di Giacomo Bucci ed Enrico Ratti
articolo pubblicato sulla Cronaca di Mantova il 18 febbraio 2005

Il giardino del tempo
 

La prima legge a cui è approdata l'economia dell'appagamento è quella che stabilisce l'impossibilità di considerare il tempo a partire dalla sua misurabilità e dalla sua contabilità, perché misurare e contabilizzare il tempo sono due concetti che procedono dalla sua fine, ovvero dall'idea che il tempo, nella sua procedura, sia scandito da un'origine, una durata e una fine. Un'idea su cui poggia quella fantasia di padronanza assoluta sulle idee, le cose e gli uomini che, a partire da Platone e da Aristotele, ha contribuito a formare il successo del discorso occidentale. Un discorso che si sorregge sul principio di selezione naturale e sociale, sul principio di non contraddizione e sul principio di identità e che, nella sua sistematizzazione, contraddistingue, soprattutto oggi, l'economia del consumismo. Un'economia su cui poggia quell'idea di impero che dopo la fine della guerra fredda, la "terza" guerra mondiale, ha trovato la sua apoteosi nell'ideologia americana e nella consacrazione del benessere e del profitto a tutti i costi.
Ma se, come abbiamo stabilito, il tempo non ha origine, durata e fine (Newton, Leibniz e Einstein sostenevano, invece, il contrario), allora è assurdo presupporre che l'universo intero debba uniformarsi a quel principio di ragione sufficiente, formulato da Leibniz, da cui procede il principio di contabilità del tempo: un principio ben rappresentato, per esempio, dagli orologi sincronizzati di Einstein. Ecco perché abbiamo insistito più volte sul fatto che il tempo e il fare come quantità sono incontabili e, quindi, impossibili da relativizzare, ovvero dall'immaginarli a partire dalla loro fine. Infatti, come sostenevano nel rinascimento, la quantità non si instaura senza le due proprietà del tempo che sono l'infinito e l'eternità e interviene, tra l'altro, solo facendo. E questo lo diciamo perché la costruzione che viene fantasticata dal discorso occidentale è una costruzione che si basa sull'idea di fine, ovvero sull'idea che solo ciò che finisce significa e piace. Ma se ciò che finisce significa e piace allora anche la quantità può intervenire non in modo pragmatico, ma ideale. Utopico, cioè. Lo ripetiamo: la quantità interviene solo facendo ma solo attraverso un processo intellettuale diviene qualità industriale, dunque temporale, quindi insostanziale e inconsumabile, insomma incontabilizzabile perché assolutamente dispendiosa. Da questo dispendio, che è un dono d'amore, procede la felicità ovvero il modo di fare quello che occorre anziché quello che piace. Insomma, fare secondo l'occorrenza è l'unico modo per giungere alla felicità che, in altri termini, è l'approdo al paradiso, a quel giardino (nel persiano antico paradiso equivale a giardino) dove i frutti e il profitto sorgono con il superfluo, ovvero con la fluenza e il flusso del tempo: l'altra costante dell'economia dell'appagamento. E questo lo diciamo perché fin dall'antichità il giardino era considerato un'impresa, un orto recintato che dava frutti o un terreno su cui si lavorava e si investiva. Dal giardino procedono, quindi, sia l'artificio, l'arte del fare, che l'investimento, ma anche il contratto, la scrittura, la finanza e la vendita, insomma il pragma e l'assenza di delega. Se questa è la processione che le cose fanno verso quel valore assoluto che è il superfluo (il frutto di qualità di un processo manuale e intellettuale caratterizzato dalla fluenza del tempo), allora il fare non può prescindere dall'idea che il paradiso sia quel terreno dell'Altro contraddistinto dall'umiltà, dall'indulgenza e dalla generosità. Nessuna humanitas può dunque instaurarsi se non nel paradiso dove l'humus, il terreno del diritto dell'Altro, è la proprietà di quel giardino dove il tutor è colui che si fa emulo del tempo.
Alla luce di queste considerazioni quale impresa, quindi, si può stabilire senza questo paradiso? E senza il tutor? Se, come abbiamo più volte sottolineato il tutor è il cervello dell'impresa, quindi il cervello della finanza e della comunicazione diplomatica, allora il tutor è colui che anziché vedere e prevedere le possibili oscillazioni, i cicli e la durata dell'impresa redige ipotesi di business, ipotesi di vendita e di acquisto, ipotesi di cash-flow o flussi di cassa. Insomma, per iniziare a introdurre la restituzione in qualità dell'idea di impresa e la sua sopravvalutazione culturale occorre che l'impresa non sia considerata sulla base della fine del tempo, ma a partire dalla redazione di un'ipotesi pragmatica. Un'ipotesi che in quanto pragmatica è anche scritturale, ovvero assolutamente superflua perché ha la sua condizione nello statuto intellettuale del tutor, nella battaglia narrativa e nell'assemblea della bottega telematica del terzo millennio.
Con la definizione delle due costanti dell'economia dell'appagamento (il servizio intellettuale e il superfluo) concludiamo anche il primo approccio a questa nuova teoria economica. Una nuova economia da cui abbiamo fatto procedere sia la solidarietà come dispositivo di cooperazione, sia il patto di lealtà come dispositivo di equilibrio. Due dispositivi che, tra l'altro, caratterizzano anche le istituzioni dell'Unione Europea: un nuovo network politico che con l'avvento della globalizzazione, non solo comporta il federalismo e, quindi, il regionalismo ma anche che il patrimonio artistico, culturale e ambientale dell'Italia entri in quel nuovo ciberspazio economico caratterizzato dalla Rete.
Con questo articolo si conclude anche la nostra esperienza editoriale che, un anno fa, abbiamo chiamato "La stanza dei sogni". Un'esperienza che attraverso conversazioni, interviste, assemblee, equipe di scrittura e di lettura si è articolata in ben 46 interventi sia teorici che pragmatici. Interventi che hanno contribuito a formare un gruppo culturale composto da circa trenta persone, ma anche a tenere informati i nostri lettori sulle attività economiche e imprenditoriali più avanzate della nostra città e del suo territorio. Questa esperienza editoriale oggi si conclude perché ci è stato chiesto di raggruppare in un libro tutto il materiale pubblicato finora, ma sicuramente, anche se con altre modalità, proseguirà sulle pagine di questo giornale per tenere informati i nostri lettori sul lavoro del nostro gruppo e sulle sue acquisizioni culturali. Grazie.