La Stanza dei Sogni

  Il Manifesto
  Maestro di Botteg@
  Stanza dei Sogni

 

a cura di Giacomo Bucci ed Enrico Ratti
articolo pubblicato in prima pagina sulla Cronaca di Mantova il 15 ottobre 2004

Il maestro di bottega
 

Come annunciato nel precedente articolo, oggi ospitiamo ne "La stanza dei sogni" l'intervento di Paola Ferrari. Un intervento che vuole essere esemplificativo, ma non esaustivo, di quel modello di gestione aziendale che abbiamo chiamato Bottega in rete. Un modello gestionale che si basa su un dono d'amore, su un bene autentico, che una volta attuato in un progetto di vita e di riuscita porta l'uomo a realizzare la propria libertà nella verità, nella lealtà e nell'onestà intellettuale. Solo così il maestro di questa nuova e particolarissima bottega dell'arte del fare, del sognare e del pensare risulta essere quell'imprenditore che come dispositivo intellettuale esige dai suoi manager non il profitto come fine e come scopo, ma la felicità di tutte le persone che cooperano alla riuscita e al successo dell'impresa medesima. Questa felicità si concretizza, poi, grazie ad un modello di gestione che prevede la figura del capo come tutor, la cui missione è quella di insegnare a valorizzare, fuori e dentro l'impresa, la cultura del dono d'amore; la cultura di quel bene autentico e assoluto che si fonda sulla solidarietà e sulla cooperazione e non sulla dicotomia servo padrone o sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Ma lasciamo, senz'altro, la parola a Paola Ferrari che ha potuto beneficiare di questo dono.
"Subito dopo aver conseguito il diploma di perito aziendale presso l'Istituto Bonomi di Mantova, ho iniziato a lavorare nell'azienda di mio padre: un calzaturificio che annoverava tra i suoi maggiori clienti la Max Mara. C'è da dire che in quegli anni il settore abbigliamento si stava evolvendo in modo straordinario e incominciava a formulare l'esigenza di avere una gamma più ampia di accessori. E così, verso la fine degli anni '80, la Max Mara ha chiesto alla nostra azienda una collaborazione nel settore calzaturiero.
Per una serie di motivi, dopo qualche anno, l'azienda guidata da mio padre cessò l'attività. Successivamente, a Padova, fondai una società che si chiamava P.F. S.r.l., dove sono rimasta per circa un anno. Poi ho aperto a Mantova, sempre nel settore delle calzature, un'azienda commerciale con il marchio Paola Ferrari. Questa nuova società non era un'azienda manifatturiera ma commerciale: i prodotti venivano realizzati da aziende marchigiane e toscane e distribuiti con il mio marchio sempre nei negozi Max Mara. Purtroppo questa azienda è stata messa in liquidazione nel maggio 2002 e a quel punto dovevo trovarmi un'altra occupazione che mi coinvolgesse emotivamente, ma che mi lasciasse anche il tempo di seguire la liquidazione della mia azienda. Nell'ottobre di quello stesso anno ho chiamato una responsabile del visual merchandising della Max Mara e le ho parlato del mio futuro e dei miei progetti. Lei subito mi ha detto che in quel tempo nessuno in azienda si occupava degli accessori, quindi mi ha consigliato di chiamare il responsabile franchising Max & Co. Quel consiglio non me lo sono fatto ripetere due volte, e dopo una settimana sono entrata come consulente in Max Mara. C'è da dire che il mio capo, il responsabile franchising Max & Co., ha sempre avuto grande stima e rispetto delle mie capacità imprenditoriali, e in quell'occasione è riuscito a dipingermi scenari professionali che puntavano a valorizzare i miei talenti e la mia esperienza lavorativa. Egli, a tutti gli effetti, è diventato quel tutor capace di mettere a mia disposizione l'impresa Max Mara, ma anche quell'intellettuale che, con i suoi consigli, mi ha suggerito la via migliore per intraprendere il mio percorso di autenticazione. Nel frattempo la Max Mara aveva affidato la licenza degli accessori ad un'azienda di Bologna. Questa azienda fatturava 5milioni di euro, ma non aveva una persona che si interfacciasse con il licenziatario. A me è toccato il compito di occupare quella posizione e in breve tempo sono diventata il referente della Max Mara, ma anche la responsabile della progettazione e dello stile. Oggi, grazie a quel dono d'amore disinteressato, che ho saputo apprezzare e valorizzare, le relazioni e gli affari si sono moltiplicati. E ho anche apprezzato come, attraverso il rispetto e la solidarietà, il responsabile franchising Max & Co., nel suo statuto di capo e tutor, ha saputo creare le condizioni ideali per farmi realizzare la mia felicità professionale e umana. E il giusto profitto per la sua azienda.
In estrema sintesi: la mia vicenda imprenditoriale di oggi è strutturata proprio come un palinsesto dove si intrecciano vicende personali, familiari e imprenditoriali. In principio, infatti, pur di dare una mano a mio padre in azienda ho sacrificato l'Università: un'esperienza che oggi mi manca. Successivamente l'azienda di mio padre ha cessato l'attività per tutta una serie di motivi familiari. Infine c'è stata la chiusura di una società che avevo costituito a Padova con una persona a cui ero legata affettivamente e poi la liquidazione della mia azienda mantovana. Nonostante queste difficoltà io mi sono sempre battuta per cercare di realizzarmi in modo indipendente e autonomo. Ora ringrazio il mio tutor perché, mostrandomi la strada per realizzare il mio percorso di autenticazione, è stato la persona che più mi ha capito. Lui, in definitiva, senza nessun coinvolgimento affettivo e in modo disinteressato, mi ha dato l'occasione di mettere alla prova tutti quei talenti che oggi sono diventati la cifra del mio stile e della mia unicità. Se la mia più autentica aspirazione era quella di divenire un'imprenditrice libera da quei condizionamenti sociali e affettivi che sono stati la causa di tutta una serie di difficoltà, oggi ho raggiunto il mio obiettivo. Infatti quando ho avuto aspettative imprenditoriali che erano in conflitto con questo mio originario progetto di natura c'è stato solo contrasto, fraintendimento, scontro e fallimento. Quando, invece, qualcuno mi ha fatto un dono d'amore assolutamente disinteressato, io l'ho valorizzato perché ho capito che mi avrebbe portato a realizzare quel sogno imprenditoriale, libero e indipendente, che è sempre stato la mia massima aspirazione. E l'apice della mia felicità. Il mio sogno allora è questo: siccome io sono riuscita ad essere felice in un ambiente di lavoro complesso e difficile come quello della moda, auspico che anche i miei concittadini divengano i protagonisti di una loro bottega. Una bottega che, a partire da un dono d'amore, li renda felici e appagati per aver intrapreso un percorso di vita, di qualità e di riuscita rivoluzionario ma anche tanto umano.