La Stanza dei Sogni

  Il Manifesto
  Maestro di Botteg@
  Stanza dei Sogni

 

a cura di Giacomo Bucci ed Enrico Ratti
articolo pubblicato in prima pagina sulla Cronaca di Mantova il 30 aprile 2004

I valori della famiglia
 

E’ con grande soddisfazione che oggi annotiamo come i principi base che strutturano il nostro Manifesto per un Nuovo Rinascimento Mantovano siano stati ripresi e rilanciati da alcuni imprenditori mantovani, in occasione del bilancio socio-ambientale 2003 della Banca Agricola Mantovana. E’ infatti innegabile che, affinché ci sia responsabilità sociale dell’impresa, occorra, anzitutto, onestà intellettuale, rispetto dell’Altro, delle cose e dell’ambiente e miglioramento umano e sociale della collettività in cui si opera e si vive. Ebbene, in un mondo dove la competizione economica, finanziaria e culturale è ormai planetaria, i tre principi del nostro Manifesto vogliono essere anche un contributo a quel capitalismo intellettuale, etico e umano che è la base e la condizione della nuova cultura d’impresa. Una cultura assolutamente innovativa perché strutturata dalla formazione, dal gioco, dall’invenzione e dalle nuove tecnologie ma, anche, dall’entusiasmo, dalle opere d’ingegno e dall’amore per le cose che si fanno e si producono.
Affinché questa nuova cultura d’impresa giunga a diventare un valore fondante della nostra collettività è necessario che anche gli intellettuali, gli artisti, gli scienziati e i teologi diano il loro contributo all’articolazione e allo sviluppo di quello che abbiamo chiamato il nuovo modello di vita culturale, sociale e imprenditoriale della città. E, proprio per cercare di definire con maggior precisione questo nostro progetto, oggi abbiamo il piacere di ospitare ne “La Stanza dei Sogni” l’intervento di padre Claudio Bratti, teologo e insegnante di Teologia Biblica presso l’istituto superiore di scienze religiose di San Francesco a Mantova.
“Com’è noto la caratteristica di Mantova è quella di essere una città tranquilla e un po’ chiusa, contrassegnata da un forte benessere, ma anche da un’identità particolare. Identità che si riscontra sia nel dialetto, che è una sintesi di quello lombardo, veneto ed emiliano, sia nell’architettura dove c’è un forte predominio del Manierismo legato a Giulio Romano. E il Manierismo è formato da una grande varietà di elementi che hanno trovato la loro sintesi stilistica e teorica in questo importante movimento artistico. Ebbene, queste due particolarità hanno contribuito a formare l’identità di Mantova: una città che fin dal tempo in cui era Ducato è sempre stata un luogo di passaggio e di incontro, e questa sua singolare collocazione geografica l’ha portata ad integrare tra loro elementi di culture diverse e a farne, appunto, una sintesi culturale e artistica.
“Un’altra caratteristica tipica del territorio mantovano è quella di essere sempre stato un importante centro agricolo. Il mondo contadino ha salvaguardato e protetto i valori legati alla famiglia, intesa come luogo d’incontro, di formazione, di educazione e di trasmissione dei valori umani e religiosi che stanno alla base della vita umana di ogni giorno. Ma così, purtroppo, non è stato. Infatti basta scorrere quello che dicono le statistiche sui divorzi: qui da noi sono tanti. Ebbene, se in passato Mantova è riuscita ad inventarsi un dialetto e a diventare culla del Manierismo occorre che oggi questa comunità, per mantenere integra la propria identità culturale, rielabori e trasmetta alle nuove generazioni un modello di famiglia legato, soprattutto, ai valori etici e spirituali della civiltà contadina. In breve: se la cultura mantovana è una sintesi di quella miscela di valori che viene dalle sue tradizioni, tutto quel patrimonio rimosso oggi occorre che ritorni a rivivere nella famiglia. E’ urgente, insomma, riportare alla luce l’eredità del passato, perché solo così i giovani possono trarre vantaggio dagli insegnamenti degli antichi e da adulti, poi, affrontare con maggior sicurezza le sfide sempre più complesse cha la modernità impone. In altri termini: i giovani mantovani di oggi, senza rinunciare alla propria identità e ai propri valori, devono tornare ad essere capaci di fare una sintesi tra il passato e il presente, così come sono stati capaci di farlo i loro avi.
“Oggi, invece, questa capacità di sintesi culturale è andata perduta. L’adolescente mantovano, infatti, sembra ascoltare solo le sirene della modernità, senza avere la forza di impostare un dialogo tra le sue tradizioni e le sfide che vengono dalla globalizzazione. E questo è dovuto al fatto che i genitori, ma anche la Chiesa, sono ormai incapaci di trasmettere lo spirito di sacrificio ai figli. E così i figli, oggi, amano la vita facile, cercano solo la via più comoda per fare denaro, carriera e successo e si accontentano di una vita superficiale che rimane tale anche nell’aspetto morale e religioso. E questo è dovuto al fatto che la Chiesa, ormai, non si sforza più di trasmettere tutti quei valori che, strutturalmente, hanno una radice religiosa. Infatti, l’insegnamento religioso porta sempre a quella formazione spirituale che procede dalle leggi di Dio e continua con il dovere della coscienza. Purtroppo, negli ultimi decenni, la Chiesa mantovana ha fatto poco per mantenere vivi i valori della famiglia. Io constato che è stanca di lottare, che si è seduta, perché, forse, vive un momento di grande delusione legato al fatto che la sua lotta per contrastare l’ateismo e il paganesimo non è stata valorizzata e apprezzata a sufficienza. Ed è per questo che oggi, la Chiesa mantovana, vive un momento di grande impasse che riflette il concetto della bella addormentata. Ammettiamolo: oggi la bella addormentata è proprio la Chiesa mantovana! Il mio sogno allora è questo: che la Chiesa sappia recuperare la sua vivacità allo scopo di ritornare ad essere portatrice di tutti quei valori legati alla fede, allo spirito e alle tradizioni più nobili e belle della nostra civiltà. Io auguro, allora, alla Chiesa mantovana di ritornare ad essere la prima promotrice di questo rinnovamento dello spirito e di riscoprire la capacità di educare i mantovani alla sintesi, così come sono stati capaci di fare, nel passato, i nostri avi.
Nota: Padre Claudio Bratti nasce in Guatemala da genitori bellunesi emigrati in quel Paese dopo la seconda guerra mondiale. Conclusi gli studi commerciali ritorna in Italia per farsi frate. E’ ordinato sacerdote il 29 giugno 1973. Subito dopo parte per Gerusalemme, dove prende la licenza in Teologia Biblica. Ritornato in America Centrale, per sette anni, svolge opera di apostolato in Guatemala, Salvador, Honduras e Costa Rica. Nel 1983 è di nuovo in Italia. A Roma prende la licenza in Sacre Scritture presso il Pontificio Istituto Biblico. Quindi si trasferisce a Verona dove insegna Sacre Scritture all’Istituto Teologico presso il convento di San Bernardino e all’Istituto teologico dei frati Cappuccini di Villafranca. Poi, per otto anni, insegna all’Istituto Teologico per laici di Kretinga in Lituania.
La seconda parte dell’intervento di padre Claudio Bratti verrà pubblicato la prossima settimana.